Ricapitolando e in breve, l'abbattimento del confine storico del regno napolitano ha messo due economie diverse a confronto. Il nemico capitalista, che disponeva di tutte le risorse gentilmente offerte dai Rotschild di Francia, si è imposto su un'economia solida, florida ma ancora semi-feudale. Un tipo di economia orientata sullo scambio interno di prodotti agricoli, dall'unificazione in poi penalizzata dall'adozione di una moneta nazionale e tasse doganali che rendevano costosa l'esportazione di questi prodotti....Ancora oggi è cosi......
Nel mezzogiorno si produce di tutto, grandi esempi di eccellenza e trasparenza ma si distribuisce poco e si esporta ancora di meno. L'assistenzialismo dei governi italiani, la mancanza di comunicazione tra imprese del nord e la classe produttrice di queste regioni, l'assenza di infrastrutture ad alta intensità di traffico merci, sono una serie di meccanismi collegati tra loro che indeboliscono la presenza del compra-sud sulla grande distribuzione interna e la situazione dell'export è ancora peggiore. Pur trattandosi di culture decisamente diverse, non sono i popoli settentrionali a rappresentare un nemico naturale ma un monopolio politico, editoriale ed economico che ancora le loro regioni detengono....
Se per la Sicilia lo statuto ha potuto evitare il disastro, le province napolitane sono cadute in una condizione tanto critica quanto funzionale alla sopravvivenza delle industrie, delle società, della sanità e persino delle università del nord. Le regioni settentrionali non fanno altro che continuare a giocare una partita su una nazione culturalmente cancellata, socialmente e politicamente spaccata, sottosviluppata nelle industrie e privata delle sue antiche istituzioni.....
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