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giovedì 19 aprile 2018

LA SMORFIA RACCONTATA DAI TRE PROTAGONISTI

Massimo: «Lello, Enzo ed io stiamo insieme, artisticamente parlando, da un paio d'anni. Ad unire tre tipi come noi è stata la constatazione che non esisteva un cabaret propriamente napoletano. Ma recitiamo da sempre, da napoletani veraci. Si, abbiamo sempre fatto spettacolo, non solo in scena, ma anche a scuola, per la via, nella vita spicciola di ogni giorno. Lello ed io ci conosciamo fin da ragazzini. E insieme, qualche anno fa abbiamo cominciato a fare teatro. Teatro sperimentale, mescolando Eduardo e Fo, Viviani e gli attori d'avanguardia. Un bel minestrone, ma ci è stato utilissimo per farci le ossa. Enzo invece viene da esperienze artistiche diverse. Suona molto bene la chitarra, canta altrettanto bene...così ci siamo detti: visto che non esiste un cabaret propriamente napoletano, perché non ci mettiamo alla prova? Così abbiamo preparato una serie di numeri, di sketch, in chiave cabarettistica, ma senza mai perdere di vista la realtà, troppo spesso cruda, amara, di una città come la nostra» Lello: «Ribaltiamo il valore comunemente attribuito a oggetti, frasi, situazioni e mettiamo in ridicolo certi stereotipi verbali e di comportamento di cui ognuno di noi si serve criticamente. Insomma inducendo il pubblico a ridere sul capovolgimento di certi canoni logici, lo costringiamo contemporaneamente a ridere di se stesso, per meglio analizzarsi e conoscersi… Quando ci riunivamo per scrivere, il posto dove si scriveva era il letto di Massimo, perché lui non si alzava mai ed infatti sul letto stazionavano fogli, macchine per scrivere... insomma tutto l'occorrente. Tutto era stanziale, nel senso che stavamo tutti nella camera da letto di Massimo, qualche appunto, cartacce dappertutto e lunghi silenzi, potevamo stare zitti anche per tre ore» Enzo: «Ciascuno pensava per conto suo e non voleva dire per primo quello che aveva pensato, aspettava che fosse un altro a parlare. Poi si lavorava, si confrontava, si sceglieva il meglio prima di arrivare a un canovaccio da provare in scena. Solo dopo l' esito con il pubblico si arrivava allo sketch definitivo. E gli spunti potevano venire da qualunque cosa. Una volta a Natale, proprio alla Rai, vidi un presepe con due buoi. Chiesi al custode e lui senza turbarsi mi disse: 'Questo abbiamo trovato' . Da lì venne lo sketch della Natività. Un'altra volta Lello arrivò tutto agitato, aveva sognato che dal Vesuvio non usciva più lava, ma purea di patate, una splendida soluzione al problema della fame. Poi le improvvisazioni, che qualche volta Massimo ci faceva per dispetto. Una volta gli si aprì in scena la tuta nera che portava sempre. Cercavo di fargli capire a segni che aveva il petto nudo, lui faceva finta di niente poi disse 'Non hai mai visto una scollatura Saint Tropez?'. Il pubblico rise e diventò una battuta dello spettacolo». Ma ogni cosa ha un inizio e una fine e così, dopo lo spettacolo teatrale Così è (se vi piace), il trio si sciolse definitivamente. Massimo Troisi, che avrebbe debuttato al cinema pochi anni dopo con Ricomincio da tre, rivelò che i motivi principali che spinsero il gruppo a dividersi fu sia l'esigenza di cambiare e anche perché tra lui ed Enzo Decaro si erano create divergenze sul piano artistico: «Mentirei se dicessi che l'intesa è venuta meno solo sul piano artistico. In effetti si erano create anche delle divergenze sul piano dei rapporti umani, specialmente tra me e Decaro. Siamo fatti diversamente, non so chi abbia ragione, ma al punto in cui eravamo occorreva un out definitivo. Poi c'è stato anche il fatto che non riuscivo più a scrivere mini atti per tre. Diciamo la verità: La Smorfia mi limitava. Per me che intendo dire tante cose, era come muovermi in un cerchio chiuso. Avrei potuto adagiarmi, tirare avanti per altri 4-5 anni e fare un sacco di soldi». Non a caso Troisi contatterà solo Lello Arena per una parte in Ricomincio da tre e il successivo Scusate il ritardo]. Anche Decaro mostrò preoccupazioni sul futuro del trio e ammise più tardi che fu meglio dividersi all'apice del successo piuttosto che scivolare nella ripetizione: «È durata cinque, sei anni, poi gli impegni diversi, il cinema e quindi la separazione, dolorosa come tutte le separazioni, ma inevitabile, e al momento giusto, nel pieno del successo, senza il tempo di scivolare nelle ripetizioni. Abbiamo avuto la fortuna di dire, attraverso il teatro, quello che ci sentivamo di comunicare, senza compromessi. Non siamo stati caposcuola, ma pionieri sì, abbiamo scardinato gli schemi della comicità. Non abbiamo "eredi" oggi, ma i Guzzanti, gli Aldo, Giovanni e Giacomo forse devono a noi l'aver fatto da breccia in un nuovo umorismo».

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