Uno spettro pallido ed evanescente. Appare nei pressi della tomba dove è stata sepolta, sulla strada che da Bacoli, porta a Miseno. Nelle notti di luna piena, la donna pettina i suoi lunghi capelli, usando le onde del mare come specchio. È possibile solo osservarla da lontano. Scompare appena qualcuno si avvicina. E lascia dietro di sé solo una scia di delicato profumo. È il fantasma di Agrippina, la cui storia terribile è degna di essere ricordata, utilizzando il racconto del grande storico Tacito. Giulia Agrippina, figlia di Agrippina maggiore (e perciò, per distinguerla dalla madre, era conosciuta anche come Agrippina minore) e di Germanico, valoroso combattente inviso all’imperatore Tiberio, di cui doveva essere il successore sul trono. Tiberio per liberarsene, lo spedì in Oriente a difendere i confini dell’Impero, e lì morì per una misteriosa malattia, un probabile avvelenamento. Agrippina visse così tra congiure e vendette, tra il suicidio della madre, esiliata a Pantelleria, la morte violenta dei suoi fratelli maggiori, mentre il fratello più piccolo, Caligola, divenne compagno delle sregolatezze di Tiberio a Capri. Poi, nel 37 d.C., Tiberio morì soffocato sotto un cuscino per ordine di Caligola. Caligola venne acclamato imperatore e Giulia Agrippina ebbe il titolo di “sorella dell’imperatore” col potere immenso che questo le conferiva. Giulia Agrippina aveva all’epoca 22 anni; a 23 le nacque un figlio da un uomo che non amava, di trent’anni più vecchio di lei, che Tiberio le aveva imposto di sposare. Quel figlio divenne a 17 anni l’imperatore Nerone, quando, morto suo zio Claudio, fu scelto come successore e, visto che non voleva studiare, ma fare teatro, fu affidato al filosofo Seneca. I rapporti di Nerone con la madre si incrinarono quasi subito: prima per il suo amore per una prostituta potente, Atte, preferita alla prima moglie; poi per il dominio esercitato su di lui dalla seconda moglie Poppea. Alla fine Nerone decise di liberarsi definitivamente di Agrippina: trovandosi nella stazione balneare di Baia per celebrare le feste di Minerva , chiamò la madre presso di sé, facendole credere di volersi riconciliarsi. La sera stessa del suo arrivo la invitò a un banchetto in suo onore. Nerone volle che la madre gli si sdraiasse accanto e ogni tanto l’abbracciava e la baciava, rivolgendole mille attenzioni. La nave per il ritorno era stata preparata da Aniceto e nascondeva un congegno mortale. A poppa, in corrispondenza del letto su cui Giulia Agrippina avrebbe riposato, era stato ammassato sul tetto un enorme carico di piombo. Agrippina salì sulla nave. “Era una notte serena e rilucente di stelle” – racconta Tacito – ed ecco che, a un segnale dato, il tetto della cabina dove riposava, appesantito dal piombo, crollò. Agrippina e la sua governante Acerronia furono invece salvate dalle alte spalliere del letto che furono tanto robuste da resistere al peso. La nave sbandò, Agrippina e Acerronia finirono in acqua. Ma Acerronia si mise a gridare di salvarla perché era lei la madre dell’imperatore: perciò fu finita a colpi di remo. Agrippina, invece, brava nuotatrice, riuscì a sgusciare in silenzio nel buio e ad arrivare alla riva; da lì, imbattutasi in alcune barche da pesca, raggiunse il lago Lucrino e si fece accompagnare alla sua villa. Nerone si consultò con Seneca e Burro, suoi precettori, e diede l’ordine ad Aniceto di uccidere la madre. Agrippina, quando vide sfondata la porta della sua camera e apparire Aniceto coi sicari, rivolta a lui, disse: «Colpisci al ventre che generò Nerone». Era il 23 marzo del 59 d.C.
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