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domenica 18 aprile 2021

Facciamo un giro per NAPOLI ..... VIA FORIA

 Via Foria, la più borbonica delle strade di Napoli 













Dall’Albergo dei Poveri al Museo Archeologico Nazionale. Potremmo dire che Via Foria è rimasta la più borbonica delle strade di Napoli e ripercorre, in soli 3 chilometri, numerose opere realizzate dalla dinastia che regnò su Napoli per 150 anni prima dell’Unità.

Una strada nata dalle acque 

Il nome “foria” è difficile da ricostruire. C’è addirittura chi lo faceva derivare da “florita”, ovvero “ricco di fiori”. Effettivamente c’era un mercato dei fiori dove oggi c’è l’orribile edificio del Liceo Casanova, ma è improbabile che il nome derivi da questa caratteristica.

Secondo Gino Doria è molto probabile che il nome originale di Via Foria fosse “Strada di Forino” per la presenza del palazzo dei principi Caracciolo di Forino costruito ai tempi di Carlo di Borbone. Molte carte dell’epoca la riferiscono come “Strada di Forino” (prima ancora era chiamata Strada di San Carlo all’Arena) e, essendo ai limiti della città, probabilmente è diventata “Via Foria” perché fu storpiato il nome dal popolo per indicare “fuori” (dalla città). In effetti c’è ancora un “Vicolo Forino” in prossimità del palazzo nobiliare che suggerisce l’antico nome della strada.

Una certezza, però, l’abbiamo: questa strada era un collettore di acque che scendevano dalla collina di Capodimonte e nella Sanità diventavano la famosa “Lava dei Vergini”. L’attuale Piazza Cavour, antico Largo delle Pigne, un tempo era una piccola arena di acque stagnanti. E la stessa chiesa di San Carlo all’Arena suggerisce l’origine di questa strada, che un tempo era il letto di un corso d’acqua che portava i detriti dalle colline e si trovava fuori alle mura fino all’intervento di espansione di Pedro di Toledo.


Per vederla pavimentata per intero dobbiamo aspettare solamente Ferdinando IV di Borbone, che progettò una nuova espansione della città verso nord: proprio in questo periodo la strada cominciò ad essere popolata da diversi palazzi nobiliari, che si aggiunsero ai “precursori” Forino.


















La storia di Napoli a Via Foria

Basta cominciare i primi passi partendo da Piazza Carlo III e dal Real Albergo dei Poveri da lui costruito per fare un tuffo 
nelle opere create durante il periodo della Napoli Borbonica. Facciamo caso ai giardini della piazza per notare una 
particolarità: fino a cent’anni fa era una stazione ferroviaria. Ospitava il capolinea della Ferrovia Alifana e la stazione oggi è diventata un albergo, l’Hotel Ferdinando II.

Non possiamo distrarci nemmeno per un attimo perché, immediatamente dopo, troviamo la Chiesa di Sant’Antonio Abate, 
che è una chiesa nata ai tempi di Roberto d’Angiò, che nella sua storia fu prigione di 
eretici come Giulia Di Marco e Isabella Mellone. Proprio in questo punto finisce infatti il famosissimo “buvero di Sant’Antuono”, che è uno degli ultimi mercati popolari della città.

L’Orto Botanico di Napoli, non fu certo fra i primi d’Italia, dato che i Borbone avevano scelto Palermo come sede delle 
scienze naturali, ma diventò presto un ritrovo di scienziati di grandissimo calibro, partendo da Michele Tenore ed arrivando a Friedrich Dehnhardt. Fu fondato da Giuseppe Bonaparte nel decennio francese, che riprese un progetto incompleto firmato da Ferdinando IV nel 1798.

Fra i suoi ospiti amanti del mondo naturale non mancò anche un personaggio di primo piano: un giovane Francesco I di Borbone, che scrisse addirittura due libri di botanica.

La corsa nella Storia della Napoli borbonica a Via Foria poi si imbatte pochi metri dopo nella Real Facoltà di Veterinaria fondata sul finire del 18° secolo da Ignazio Dominelli, un medico messinese chiamato da Ferdinando IV per 
creare un’infermeria per le Reali Scuderie. Si trasformò nel 1815 nella Scuola di 
Veterinaria, con annesso ospedale per la cura degli animali.

























L’altra metà di Via Foria

La Caserma Garibaldi ha ben poco di garibaldino. L’aspetto che sembra quello di un castello è dovuto al fatto che fu realizzata letteralmente inglobando due torri di guardia aragonesi delle antiche mura di Napoli. Ferdinando II di Borbone 
la destinò ad accademia militare per i figli dei soldati di ogni ordine e grado distintisi per azioni di eroismo. I migliori cadetti potevano accedere, con una borsa di studio, al Collegio militare della Nunziatella. Era un onore per pochissimi eletti all’epoca. Oggi ospita gli uffici del Giudice di Pace, anche se da anni si parla di trasformarla in un museo. Di fronte, nel piccolo vicolo di Giuseppe Piazzi, c’è il Giardino di Babuk.

Mentre stiamo camminando verso il Museo Nazionale, troveremo improvvisamente un ampio slargo che oggi chiamiamo Piazza Cavour. Un tempo era il punto in cui confluivano tutte le acque provenienti dalla vicina Via della Sanità. Oltretutto sotto i nostri piedi molto probabilmente si trova ancora intatto qualche pezzo dell’Acquedotto del Serino. Prestiamo attenzione ai giardini: troveremo la statua di Mariano Semmola, che fu uno dei più illustri luminari della scuola medica napoletana.

Poco più avanti c’è Porta San Gennaro, ormai quasi nascosta dai palazzi costruiti nel ‘700. Un tempo era un pezzo delle mura medievali di Napoli.





















La nostra passeggiata virtuale sta per finire, ma il nostro sguardo non può non cadere sui mostruosi palazzi grigi che oggi sono unità residenziali e un liceo. I Borbone erano estremamente attenti alla cura del paesaggio, con una legislazione particolarmente severa. Questi edifici furono costruiti durante gli anni ’50 dal costruttore Mario Ottieri proprio alle spalle delle mura greche presenti in parte ancora oggi alle spalle dell’edificio moderno.

Il tour della Napoli Borbonica a Via Foria si chiude in due luoghi che borbonici non sono. Quella che oggi è la fine di Via Foria un tempo era chiamato “Largo della Nuova Cavallerizza“. Da un lato, dove oggi c’è la Galleria Principe, c’erano le fosse del Grano, che era il luogo in cui si conservavano le derrate alimentari.

Dall’altro c’era invece l’edificio della Cavallerizza, creato in epoca vicereale. Quello che guardiamo oggi era infatti una caserma diventata università e, sotto Re Ferdinando I, trasformato nel Museo Archeologico che ancora oggi attira visitatori da tutto il mondo.


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