Fu per secoli la “bevanda” per eccellenza dei napoletani.
Unica nel suo genere, era denominata “Acqua della sorgenti del Monte Echia” e proviene dal pozzo artesiano situato nel Palazzo Reale, pozzo realizzato nel 1850 circa dall’Ing. L.Cangiano su ordine di Ferdinando II.
Questa fonte veniva usata per fare il carico d’acqua per i velieri che andavano molto lontano e nelle Americhe, perché si riteneva fosse unica al mondo non soggetta a putrefazione.
Per questo motivo il molo adiacente nella Darsena di Napoli si chiama Beverello.
E’ conosciuta come l’acqua del Chiatamone prendendo il nome della strada dove sgorgava originariamente la sua fonte e, dove avveniva l’imbottigliamento.
Fu definita “acqua delle mummare” (anfore di creta con due manici con un tappo di sughero) perché utilizzate per prelevare l’acqua alla fonte e trasportarla senza rischio di comprometterne le qualità nei centri di distribuzione di cui Napoli traboccava. Di provenienza vulcanica, era minerale gassata con sali minerali, bicarbonato di sodio, cloruri, calcio, magnesio e ferro.
Nel 1973 , a seguito del colera, la sorgente fu chiusa dal Comune per motivi igienico-sanitari.
Per trent’anni l’acqua ferrata fu soltanto un lontano ricordo, cancellato definitivamente dalla costruzione dell’Hotel Continental, proprio sull’antica sorgente.
Nel 2000, però, l’acqua suffregna tornò di nuovo a sgorgare lungo i marciapiedi nei pressi del Palazzo Reale, in Via Riccardo Filangieri Candida Gonzaga, strada comunicante con Via Acton e Piazza Municipio, tra le mura perimetrali del Palazzo Reale e di Castelnuovo. L’amministrazione di allora promosse un’opera di recupero che si concretizzò nella realizzazione di quattro fontane fino a quando i tubi non si ostruirono, la falda fu dichiarata nuovamente inquinata, e fu necessario un periodo di manutenzione per rimetterla in sesto.
Però, per chissà quale motivo, l’interruzione momentanea per il cambio dei filtri si è rivelata ben più lunga del previsto, dal momento che le fontane sono state sigillate e mai più riaperte.
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