Nell’Ottocento Napoli era definita la terza capitale d’Italia e nel 1839 Ferdinando II di Borbone conquistò per la sua capitale il terzo posto anche per la costruzione delle ferrovie: dopo la Liverpool-Manchester (1830, 14 km, costruita soprattutto per il trasporto delle merci dal porto di Manchester a Liverpool) e la Parigi- Saint Germain en Laye (di poco successiva, 15 km). La Napoli-Portici viene definita su tutti i libri di storia la prima ferrovia d’Italia, ma occorre ricordare che l’Italia allora non c’era: c’era il Regno delle due Sicilie e un sovrano borbone che voleva dimostrare l'importanza e la grandezza del Regno delle Due Sicilie e apparire, allo stesso tempo, un sovrano illuminato ed aperto al progresso. La storia narra che nel gennaio 1836 un ingegnere francese, Armando Bayard de la Vingtrie, aveva esposto un suo progetto ferroviario al ministro di Ferdinando II, marchese Nicola Santangelo. Il piano industriale del francese era allettante: egli intendeva costruire la linea ferrata a proprie spese, in cambio della concessione della gestione per 99 anni. Evidentemente il Bayard pensava che fra gli Stati italiani quello delle Due Sicilie era il più aperto al progresso, vantando già la maggiore e più moderna flotta mercantile d'Italia. La convenzione, fissata per 80 anni, venne firmata lo stesso anno e incluse anche la partecipazione del banchiere Degas,(francese trasferitosi a Napoli); l’anno seguente fu formata una società ad hoc (per la costruzione di una linea da Noceata a Portici e alle ore 10 del 3 ottobre del 1839, alla presenza del Re Ferdinando e delle più alte cariche dello Stato vi fu la partenza del primo treno composto da una locomotiva di costruzione Longridge (ancora oggi visibile presso il museo di Pietrarsa) e da otto vagoni. Il percorso venne compiuto in nove minuti e mezzo tra ali di gente stupita e festante. La locomotiva che trainava il treno era stata battezzata "Vesuvio".
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