Il Napoletano doc, con le dovute eccezioni, tene ‘a flemma (dal latino tardo phlegma, derivato dal greco ϕλέγμα), come dice la canzone Serenatona di E.A. Mario del 1920; va cuoncio cuoncio (lento lento, con una derivazione dal tardo latino ad+conciare).
Ma c’è anche il napoletano sfastediuso, che cominicia a sbarià (sbarià/svarià/sbariare/svariare, vaneggiare, delirare,farneticare), a protestare ad alta voce perché vuole spicciarsi. E spicciare deriva dal tardo latino dispictiare, con il significato di levare dall’impiccio (ancora parola tardo-latina), liberare. Nella doppia forma riflessiva, poi, “mi spiccio” va ad indicare il disbrigo veloce di un’incombenza che permetterà al burocrate di turno di spicciare il prossimo della fila!
E si sa, per i napoletani le file sono un inutile impiccio di cui cercano di liberarsi in tutti i modi
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