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mercoledì 15 agosto 2018

‘ON LUIGI DECRETÒ: "SI PUORTE 'O CAZÒNE A ZUMPAFUÒSSE CE PARE 'E CCHIÙ CA STAJE INT''A LOTA".

Per Luigi Pitterà, novello argomentatore in detti napoletani, se non vuoi svelare che sei in difficoltà, "hê stà buono accuorto" a non lanciare segni rivelatori. Non tutti sanno che nel Settecento e Ottocento i coltellinai Napoletani furono particolarmente attivi e crearono un coltello denominato “zompafuosso” dalla lama affilatissima, presa sicura, grafie ad un sistema di incisioni a reticolo del manico, con “scrooco”, voce onomatopeica che indicava il rumore secco prodotto dalla lama quando il coltello veniva aperto per l’uso. Questo scrocco diventava nel momento della rissa un avvertimento per l'avversario perchè avesse il tempo di prepararsi alla difesa. Il coltello era impiegato nella “zumpata”, rituale sfida iniziatica tra camorristi fatta di salti e ondeggiamenti combinata da affondi improvvisi per misurare l’abilità e l’ardimento dell’aspirante confratello. I camorristi indossavano ‘e cauzone a zompafuosse, calzoni a saltafosso, generalmente di colore nero, detti così perché si fermavano a meno di un 20 centimetri dal suolo, o per lunghezza o perché fermati da stringhe, in modo che nella lotta in strada non si inzaccherassero di fango. Un camorrista era considerato dalle persone oneste ‘na lota, , cioè n'omme ca valeva poco, anche se molto temuto e apparentemente rispettato


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