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giovedì 17 maggio 2018

Toccata e fuga in Re minore.

La toccata e fuga in re minore BWV 565 è una delle opere per organo più conosciute di Johann Sebastian Bach, nonché una delle più celebri composizioni di musica classica. 

 Si tratta di un lavoro composto da un Bach non ancora ventenne, fra il 1702 ed il 1703, scritto su misura per l'organo che Johann Friedrich Wender costruì per la Chiesa Nuova (ridenominata poi Bachkirche) di Arnstadt. Johann Sebastian Bach inaugurò questo strumento con un concerto proprio nel 1703. 

 Evidenti sono le influenze nordeuropee che caratterizzano la composizione. Il virtuosismo espresso denota come il diciottenne Bach non temesse un confronto, in termini di tecnica, con i più importanti esponenti dello stylus phantasticus come Dietrich Buxtehude o Vincent Lübeck. 

 Il celebre mordente sulla dominante della tonica con cui si apre la toccata è universalmente conosciuto anche a quanti non ascoltano musica classica. I raddoppi all'ottava, utilizzati per sopperire alla mancanza di un registro di 16 piedi al manuale dell'organo di Arnstadt, costituiscono un caso unico e isolato nella produzione organistica bachiana e sono un'invenzione decisamente creativa per poter creare l'effetto del tipico plenum nordeuropeo. 

 La toccata, che ha un evidente impianto improvvisativo, alterna parti maualiter in Prestissimo a potenti accordi in Adagissimo, che ben rappresentano lo stile compositivo del giovane virtuoso. Le parole di Johann Nikolaus Forkel, primo biografo di Bach, che descrivono il giovane compositore, sono assolutamente perfette per riassumere quest'opera: "[gli piaceva] correre lungo la tastiera e saltare da un capo all'altro di essa, premere con le dieci dita quante più note possibile, e proseguire in questo modo selvaggio fino a che per caso le mani non avessero trovato un punto di riposo" . 

 Anche se la composizione ricorda molto un'improvvisazione, è ravvisabile una certa omogeneità che unisce la toccata alla fuga: il tema di quest'ultima, infatti, è figlio dell'esordio che apriva la toccata. La sua struttura non è particolarmente severa ed è ancora lontana dalla maturità del Bach di Weimar. 

 La climax con cui termina la fuga prelude ad un ritorno toccatistico che conclude quindi la composizione

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